Donne al potere - di Maria Rosaria barbera. La tragica fine sull’Isola Martana di Amalasunta
Roma, Palazzo Patrizi Clementi, via Cavalletti n.2
14 dicembre 2022 - Presentazione volume
“Donne al potere”. E donne vittime del potere. Questo l’argomento al centro del libro di Mariarosaria Barbera che verrà presentato, il 14 dicembre p.v., a palazzo Patrizi Clementi (via cavalletti 2), dalle ore 16 alle ore 18.
E proprio “Donne al Potere in Oriente e Occidente, fra Tardoantico e Medioevo” è il titolo di questo volume che indaga le figure di ben 14 donne: madri, mogli, figlie, sorelle, regine, reggenti, che hanno caratterizzato la sfera politica in un periodo circoscritto, fra il V e il VII sec. d.C.
Fra queste spiccano in particolare Amalasunta e la figlia Matasunta e Teodolinda. Al centro di vicende che hanno segnato l’Occidente, con la crisi dell’Impero e la nascita dei regni cosiddetti romano-barbarici; ma anche l’Oriente, con il passaggio dall’Impero Romano a quello bizantino.
Di Amalasunta abbiamo notizie da Procopio di Cesarea, dalle Variae (raccolta di 468 lettere e documenti) e dall’Historia Gothorum di Cassiodoro, diplomatico e consigliere. La sua è stata definita una tragedia nella tragedia. Spesso tali donne, emancipate e intraprendenti, hanno saputo ricoprire ruoli prettamente maschili, con un carisma vissuto come prevaricazione dagli uomini, scatenando gelosie, che si sono tramutate in intrighi e vendette, dettati dalla bramosia di potere.
Ma spesso la loro è stata anche una lotta per la libertà. Nulla di più moderno ed attuale dunque. Lo vediamo bene con Amalasunta, figlia di re Teoderico il Grande; erudita, padroneggiava gotico, latino e greco.
Alla morte del padre nel 526, il 30 agosto di quell’anno divenne reggente per il figlio Atalarico (a seguito della scomparsa del marito Eutarico nel 522-523), che educò ai principi romani, non ben visti dalla componente gotica. Ne nacquero agitazioni, che costrinsero Amalasunta a cacciare e far uccidere gli oppositori più aspri. Proprio come re Teodorico durante il suo governo (eccetto che per l’intransigenza dell’ultimo periodo), anche Amalasunta cercò di portare nel suo il regno pace ed equilibrio fra le componenti romana e gotica, attraverso due azioni di politica interna: nominò molti goti al Senato romano e fece disposizioni a tutela dei romani, contro eventuali soprusi, violenze, estorsioni, ricatti, sopraffazioni. In politica estera, invece, favorì il ritiro delle truppe ostrogote.
Spesso guardata con sospetto, seppe farsi apprezzare e stimare per la sua ‘influenza’, soprattutto durante la sua reggenza del figlio. Le cose mutarono quando questi morì prematuramente nel 534. Il suo posto fu preso dal cugino Teodato, che non sarebbe restato a guardare, smanioso di rivendicare il suo ruolo di consors regni, e anzi di più di un ‘subalterno’ a una regina diventata scomoda e ingombrante. Duca della Tuscia, aveva molti possedimenti e sarebbe stato lui a farla rinchiudere prigioniera sull’Isola Martana (vicino Bolsena) e a farla uccidere e strangolare nel bagno del palazzo nel 535, con il sostegno dei parenti di quegli oppositori che lei aveva cacciato.
Dietro il suo assassinio ci sarebbero anche l’imperatore Giustiniano di Costantinopoli, la cui moglie Teodora era gelosa di Amalasunta, e l’ambasciatore Pietro di Tessalonica, che seguiva per lui le trattative diplomatiche coi goti.
In 4 lettere che si scambiano Teodato e Amalasunta lei è definita “praecellentissima et sapientissima domina”. Fu compianta dai goti moderati, dall’aristocrazia senatoria e dal Papa.
Il suo insegnamento resterà nella storia e Amalasunta sarà “una figura chiave nel processo di sviluppo della regalità femminile nel primo Medioevo”, come afferma lo storico Massimiliano Vitiello. Un esempio anche per la regina dei Longobardi Teodolinda.
Prima di lei e dopo Amalasunta, toccò alla figlia Matasunta la sorte di ‘matrimoni riparatori e conciliatori’ fra goti e bizantini. Prima andò in sposa a Vitige, consigliere della madre; poi, dopo la sua morte, a Germano Giustino, cugino di Giustiniano. Morta Teodolinda, Germano avrebbe potuto aspirare al trono e unire definitivamente così i regni bizantino e gotico, ma morirà. E anche il figlio Germano junior, avuto da Matasunta, sarà ammazzato prima di poter riuscire a portare a termine l’intento purtroppo.
Nel territorio tutelato dalla SABAP per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale restano i ruderi sull’isola Martana a ricordarci la triste storia della saggia e sfortunata regina gota.