Vicino Orsini: poeta, committente e uomo d’armi. I 'segreti' del Sacro Bosco di Bomarzo, tra Dante ed esoterismo.
02/02/2023
Il 28 gennaio scorso si è tenuto un convegno su “Vicino Orsini: poeta, committente e uomo d’armi”. Organizzato da Andrea Alessi e da Paolo Procaccioli per il cinquecentenario della nascita di Vicino Orsini, per la soprintendenza hanno partecipato: il soprintendente, arch. Margherita Eichbegr, e la funzionaria storica dell'arte, dott.ssa Luisa Caporossi, che ha relazionato su “Il ‘serio ludere’ di Vicino Orsini a Bomarzo tra ‘prisca theologia’ e ‘coglionerie’”..
Ed è stato proprio Andrea Alessi (storico dell'arte, direttore del Museo della città - civico e diocesano di Acquapendente. ed ex collaboratore della Soprintendenza) ad intrattenere il pubblico sul “boschetto ‘segreto’ di Vicino”, fornendo aspetti inediti sia sul suo personaggio che sul Sacro Bosco stesso.
Ma andiamo a vedere più nel dettaglio quali sono le caratteristiche più recondite e più profonde racchiuse e nascoste.
“Sacro Bosco” di Bomarzo, noto persino come “Parco dei Mostri”, è detto anche “Boschetto” o “Bosco delle Meraviglie” perché subito un’iscrizione accoglie i visitatori: “voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua ove tutto vi parla d’amore e d’arte”. Ma poi, da questa dimensione così ‘splendente’, si passa in un attimo ad un’altra orribile, siglata dal cosiddetto Orco (da Orcus, dio degli Inferi o Ade), all’ingresso del parco stesso. Si tratta di un enorme ‘mascherone con la bocca spalancata’, che molti hanno associato come la porta d’accesso agli Inferi dantesca per via del fatto che al suo interno un tavolino invita a banchettare, ma fuori troviamo la frase molto evocativa: “Ogni pensiero vola”; in origine, però, la scritta era: “Lasciate ogni pensiero voi ch’entrate”.
Quest’ultima ne richiama un’altra: Tu ch’entri qua con mente parte a parte et dimmi poi se tante meraviglie sien fatte per inganno o pur per arte (“Tu che vieni qui pezzo per pezzo con la tua mente dimmi in seguito se tanti miracoli sono stati fatti a scopo di inganno o per amore dell’arte”). Ma le Sfingi, che vigilano su questo parco di tre ettari hanno anche un altro ‘indovinello’ per i visitatori: chi con ciglia inarcate et labbra strette non va per questo loco, manco ammira le famose del mondo moli sette (Chi non attraversa assorto e in silenzio questo luogo, non apprezza neanche le famose sette meraviglie del mondo).
E l’ambiguità continua in quell’espressione, che pare una citazione dal Sonetto n. 293 del Canzoniere di Petrarca: Sol per sfogare il core, richiamo a ‘Solo per far respirare il suo cuore’.
All’arte rinascimentale, all’esoterismo, alle figure mitiche e mitologiche, si unisce l’ispirazione dalla letteratura.
Voluto dal principe Pier Francesco Orsini, detto Vicino, per la moglie Giulia Farnese, fu creato in quattro fasi durante la II metà del ‘500. Se alcune iscrizioni sono oscure, anche molte figure sono enigmatiche ed allegoriche. In primis il Cerbero, cane a tre teste a guardia degli Inferi. E che dire della statua dei Giganti, che rappresentano simbolicamente la lotta fra Ercole e Caco, ovvero tra il bene e il male? Anche qui un’iscrizione val la pena di essere riportata: Se Rodi altier già fu del suo Colosso pur di quest'il mio bosco ancho si gloria e per più non poter fo quant'io posso (Se Rodi si vantò del suo Colosso anche il mio bosco si gloria di questo e non potendo di più, faccio quel che posso).
Lo stesso enorme elefante che porta sulla schiena una grossa torre e nella proboscide tiene un legionario romano, quasi a volerlo stritolare, pare un riferimento all’impresa di Annibale durante le Guerre puniche.
Si possono annoverare ben 30 sculture e composizioni architettoniche in peperino, opere – fra gli altri - di Pirro Ligorio e Giacomo Barozzi da Vignola.
Emanano un fascino e un mistero a cui neppure Salvador Dalí, che visitò il parco nel 1938, seppe resistere.
Un esempio è la Casa Pendente, la cui pendenza deriva dal masso inclinato di peperino su cui sorge (un sedile è stato ricavato proprio dalla roccia). Il senso di precarietà e instabilità che si avverte al suo interno è forte. Sull’esterno della Casa c’è lo stemma degli Orsini e una dedica al cardinale Cristoforo Mandruzzo; ma, soprattutto, su una delle facciate della casa è ancora leggibile l’iscrizione: animus quiescendo fit prudentior ergo (l’animo tacendo diviene più assennato).
Alla fase di fascino del Parco, nel ‘600 ne seguì una di degrado.
Furono i coniugi Bettini, e soprattutto Tina Severio Bettini, a ‘recuperarlo’. La coppia di restauratori Bettini è sepolta in un tempio ottagonale, forse anche un mausoleo per Giulia Farnese.
La visita al Parco dei mostri è una sorta di viaggio iniziatico, un percorso formativo introspettivo (individuale e biografico, ma non solo, anche collettivo e universale) fra le vicissitudini della vita e dell’animo umano.
Proprio come la Commedia per Dante.
Quasi che una dimensione ‘raccolta’ aiuti a ritrovarsi. Le sculture sono come delle tappe e le iscrizioni degli indizi, soprattutto interpretativi, anche se poi lasciati al libero pensiero.