#letture anticipate con la Soprintendenza Antonio Cederna. Un giro d’Orizzonte - La denuncia di Cederna: “L’Italia un paese a termine” e la modernità delle sue battaglie

14/03/2023

Cederna
Cederna

L’Italia è un “Paese a termine”. Questo l’allarme lanciato da Antonio Cederna nella prefazione del suo ultimo libro del 1991 “Brandelli d’Italia”, come evidenzia Andrea Costa nell’introduzione al volume “Un giro d’Orizzonte” (Biblion edizioni, a cura di Andrea Costa e Sauro Turroni). L’appello di Cederna è accorato, ma sempre costruttivo.

Volume in 4 parti, la cui III sezione è proprio integralmente dedicata a questo e intitolata esattamente come l’articolo, quasi il suo ‘j’accuse’: “Un Paese a termine”. “Padre del protezionismo ambientale e storico-artistico italiano”, come lo definisce ancora Costa, fece ricorso alla scienza ecologica per contrastare il degrado che l’interesse economico prevaricante stava comportando al Paese.

Forse uno dei moniti più forti che ha lasciato è l’invito a una legge omologata a livello nazionale in tema di tutela dell’ambiente e del paesaggio. A suo avviso, occorreva la centralità dello Stato perché “una questione di interesse nazionale: si tratta di difendere l’integrità fisica e culturale del Paese”, asseriva - come riporta Sauro Turroni -, dopo che la modifica del titolo V della Costituzione minava l’unitarietà dello Stato a vantaggio delle Regioni.

Fra i suoi impegni più rilevanti, ricorda Turroni, le proposte di legge sui parchi, sull’adeguamento antisismico di edifici e infrastrutture in zone a rischio, sugli usi civici, sulle norme per la tutela delle acque dall’inquinamento, sul contenimento delle spese militari, per l’istituzione della difesa civile non armata, sull’edilizia residenziale, sulla tutela del diritto alla salute e alla sicurezza dei lavoratori. E infine quello per il finanziamento dei Piani paesistici regionali. Dunque la difesa del Paese a tutto tondo, da Nord a Sud.

Le sue critiche erano perfettamente ancorate al contesto vigente, ponderate, considerando “il patrimonio pubblico per il proprio valore stratificato storico e denso di identità”, come fa notare Emma Tagliacollo. Un bene culturale non è come un giacimento petrolifero da sfruttare ed esaurire: usa quest’immagine Tagliacollo per rendere l’idea. La sua era una spinta propulsiva verso la pianificazione dei centri storici anche, legando la città al territorio, per un risanamento conservativo, perché sono realtà storiche ma ancora vive.

E questo lo vediamo con la sottoscrizione della Carta di Gubbio, dichiarazione finale - approvata all’unanimità - del Convegno Nazionale per la Salvaguardia e il Risanamento dei Centri Storici (Gubbio, 17-18-19 settembre 1960) promosso da un gruppo di architetti, urbanisti, giuristi, studiosi di restauro, fra cui lo stesso Cederna.

La sua idea di “città storica”, infatti, non era da intendersi – spiega Tagliacollo ancora - come una realtà cristalizzata e cronicizzata nel suo sviluppo immutato e immutabile, ma va “osservata, misurata, vissuta e compresa in tutte le sue stratificazioni”, in quanto “testimonianza di civiltà” e portatrice di senso d’identità anche per le generazioni future.

Anche il paesaggio storico e urbano è da intendersi come “il risultato di una stratificazione storica che integra valori culturali e naturali” in cui occorre raggiungere il giusto equilibrio fra conservazione del patrimonio urbano e sviluppo sociale ed economico, nell’interesse generale pubblico e collettivo.

La sua era “un’urbanistica moderna”. Lo vediamo bene, come spiega Rita Paris, già direttore del Parco archeologico dell’Appia Antica, con il cosiddetto “progetto Fori” e per lo stesso Parco dell’Appia Antica. Come cita Rita Paris dal suo articolo del 1981 “Roma vuol essere più umana e più romana”, Cederna equiparava la salvaguardia dei beni culturali a uno strumento di crescita civile, in un nuovo rapporto con la città (e con la storia).

Nell’articolo “I gangster dell’Appia” denunciava tutti i soprusi che la stavano deturpando e violando. Il Piano regolatore del 1931 aveva individuato il Parco Archeologico dell’Appia Antica, ma molto era da fare in materia di tutela archeologica, che neppure il vincolo paesaggistico di notevole interesse pubblico, apposto sul sito dal Ministero nel 1953, riconosceva.

Forte l’immagine di rimando usata da Cederna qualche anno prima, nel 1939, in “cerotti per un massacro”: è come applicare “un cerotto su una gamba stritolata da un treno”.

Dunque molto restava da fare per garantire l’“integrità monumentale e paesistica della Via Appia”, connessa alla campagna adiacente, laddove “qualunque nuova costruzione ne comprometterebbe irrimediabilmente lo stato dei luoghi”. Perseguita soltanto nel 1965 con il nuovo Piano Regolatore. Tuttavia ancora esiste la scissione amministrativa di gestione dei valori e beni naturalistici da parte del Parco Regionale e di quella degli altri archeologici, storico-artistici e paesaggistici da parte del Parco Archeologico. La lotta contro abusivismi, condoni e concessioni in sanatoria è lunga e quasi appena cominciata, ribadita con la candidatura a patrimonio Unesco della Via Appia regina Viarum.